Ora che ho trent' anni suonati sento che è il momento di parlarne.
E' cominciata così.
E' l'estate del 2002, ho 18 anni e il fumetto occupa quasi tutti i miei pensieri.
Quando gli chiedo il disegno, Zograf lo fa rimanendo in piedi.
Lavora molto lentamente, in silenzio, e io continuo a domandarmi come mai
non si siede e perchè usa questa strana pennina mezza scarica.
Non mi rivolge la parola.
Mi sembra una personalità complessa, ma inaccessibile, come se non volesse
essere compreso più di un tot.
Incontro Vittorio Giardino nell' inverno 2006, a Ravenna.
Io ho 22 anni e sono in un periodo strano, un pò di crisi, del tipo
che vorrei fare una graphic novel ma non ho chiaro nè il tema, nè
niente. Giardino ha una lunga fila di persone da accontentare, e a
tutti regala un disegno curato. La sua facilità nel disegno mi impressiona.
Dopo riesco anche a parlargli, e gli chiedo se ha mai
conosciuto i disegnatori di Frigidaire ( ero uno scemotto, lo so ).
Lui racconta di Pazienza, che disegnava spesso senza aver fatto
le matite, e sceglieva i colori senza guardarli.
E' un piccolo incontro, ma in quel momento mi serve molto.
Marco Corona, inverno 2007.
Gli porto uno dei suoi primi libri, Cadavres Exquis.
Le edizioni del Centro Fumetto Pazienza non hanno una pagina per
le dediche, allora Corona dovendo scegliere, rinuncia a un disegno grande
sul retro-copertina e preferisce farne uno minuscolo nella pagina 1 del fumetto.
Corona non mi chiede come mi chiamo, disegna controvoglia.
Fa dediche piccolissime a tutti. E' evidente che non ha la sbatta, e finita lì.
Filippo Scozzari lo becco in una fumetteria di Ravenna. Io ho 23 anni, e mi sento
davanti a un mito. Occhi sbriluccichini.
Finalmente colui a cui chiedere qualcosa su Frigidaire.
Scozzari risponde alle mie domande, ed è evidente una cosa, che il dispiacere di
aver perso due amici non gli è passato. Racconta di Pazienza e di Tamburini
prendendoli in giro, con sguardo acido e partecipe insieme.
Tamburini che buttò nel gabinetto un originale di Scozzari attaccato a un muro della redazione, "perchè non gli piaceva".
Ancora Tamburini che faceva i pesi sollevando con una mano sola un' importante e
pesantissima macchina da scrivere, che un giorno si fracassò per terra.
( suscitando lo smaronamento degli altri )
Pazienza che a volte dormiva in redazione come fosse un albergo. Il sapore di un epoca.
Infine Scozzari mi chiede cosa faccio, e io gli dico che preparo la tesi di laurea.
Lui vorrebbe che la scrivessi su di lui, ma non voglio rifare una tesi che è quasi finita. Ironia della sorte, mi toccherà riscriverla comunque, per motivi che ora non ci interessano.
Tornando a Scozzari, mi da l'impressione di essere un simpatico,
che si sforza al massimo per essere acido. Contento lui ?
Gianni mi disegna questa dedica al termine della lettura di LMVDM a Ferrara,
dopo cinque anni che non ci vediamo di persona.
Davide lo conosco da tanti anni, siamo amici.
Giugno 2009, Morti di sonno è uscito da due mesi, e sta iniziando il clamore.
Una sera c'è una presentazione del libro a Ravenna, molte persone
in fila ad attendere una dedica. Alcune sono persone che conosco,
e se non fosse per questo libro, non avrebbero mai letto una
graphic novel. E' una bella cosa.
Torno a casa con un senso di fiducia accresciuto.
Nell' ottobre 2010 Igort è a Ravenna per la sua mostra personale di Quaderni
Ucraini. Gli porto una prima edizione Coconino di 5, che rimane uno dei miei romanzi
preferiti, letto a 18 anni nel periodo in cui avrei dovuto studiare per l'esame di quinta
liceo. Igort disegna con calma, chiacchierando con me e con altre persone.
Poi, tutti insieme al ristorante, con anche Davide Reviati, e alcuni del Teatro delle Albe
a parlare di arte e fumetto. Questo genere di discorsi piacevoli che amo molto.
Andrea Bruno lo conosco a Lucca Comics 2012. Siamo ospiti di Coconino.
Tra gli autori ci sono miliardi di chiacchiere, ma Andrea sa che il silenzio è d'oro.
Anche Paolo Bacilieri lo conosco a Lucca 2012.
Come sempre si parla di fumetto e dintorni. Scopriamo alcune affinità nei
processi di lavorazione sulla figura dello scrittore.
Bologna, marzo 2014. Eccomi all' ingresso della mostra Valvoline Story.
Come vedete, sono del tutto obnubilato. Logorato nella morsa
delle dediche, roso dalla paura di non riuscire ad ottenerne.
Lorenzo Mattotti l'ho conosciuto a Lucca, due anni prima. Comunque,
quando a Valvoline mi trovo di fronte a lui e lo vedo disegnare,
una strana vertigine mi strapazza. Ok manca l'aria e ci sono tremila
persone nella stanza, ma l'approccio di Mattotti al disegno è veramente,
come dice Brolli, "animalesco".
Dopo avermi restituito il libro con il suo disegno,
si ferma un attimo. Una ragazza dietro di me gli porge un romanzo
di Calvino e gli dice : "Scusa, ho i tuoi libri a casa, ma non ho fatto
in tempo a prenderli, va bene questo?"
Lorenzo sorride.
Vedere uniti allo stesso tavolo i disegnatori di Valvoline mi dà una scossa.
Questi sei amici che si incontrano dopo tanti anni. E' davvero bello osservarli.
La loro amicizia è palpabile, e trapela da piccole frasi, dai gesti colloquiali
tra loro, dalle prese in giro che si fanno.
Quando metto in mano a Jori il numero della rivista, lui mi chiede " E
questo che cos'è ?" Gli dico : "E' il numero due di Valvoline!"
E lui : "Ah, bello, non ce l'ho, me lo regali ?"
Infine, sempre a Valvoline, il più introvabile tra i fumettisti di Frigidaire,
l'idolo negativo... è Massimo Mattioli !
Neanche lui mi chiede come mi chiamo. Ma va bene così,
da lui non mi sarei aspettato altro. Disegna in piedi, la sua mano corre.
Gli chiedo che cosa fa ora, lui dice che scrive sceneggiature per il cinema.
L'incontro è veloce, la folla è opprimente, non si respira. Riesco appena a dirgli
che tutto il suo lavoro è pazzesco e attuale. Mattioli fisicamente non è
quasi invecchiato per niente. Ha più di 70 anni ma ne dimostra 50.
Ha una giacca di pelle nera, come ce l'avevano Andy Warhol e Lou Reed.
E quando Roberto Recchioni mi restituisce il Dylan Dog,
capisco che l'ossessione delle dediche è finita.
Le dediche si possono fare, certo, ma si può anche semplicemente
fare due chiacchiere, e evitare domande sul passato.
Ci ho messo anni a capirlo, però è bello comprendere delle piccole cose,
ogni tanto.